Arte per tutti: la street art a Parigi

«Per la strada si può fare arte per le persone del nostro tempo, per i passanti così come per i senzatetto» – Jérôme Mesnager

Se pensiamo alle origini della street art, ci vengono subito in mente i graffiti sulla metropolitana e i muri di New York, che negli anni settanta hanno aperto la strada (e gli occhi) a milioni di giovani in tutto il mondo, desiderosi di libertà e di affermare se stessi in un modo nuovo e fuori dagli schemi. In Europa invece per rintracciare le radici di un genere che ha stravolto le regole dell’arte e che si sta affermando sempre di più come il vero volto della contemporaneità, bisogna andare a Parigi, una città in grande fermento tra gli anni settanta e ottanta, complici gli strascichi del ’68 e la rivoluzione socio-culturale che ne è conseguita, i cambiamenti imposti dal governo francese, non ultimi gli stravolgimenti architettonici, tra nuove costruzioni di archistar e sviluppo urbanistico. E proprio in questo clima hanno iniziato ad esprimersi i primi artisti di strada francesi, che presero letteralmente d’assalto le vie e gli edifici parigini, cercando di vivacizzare le centinaia di palizzate dei cantieri e i palazzi in demolizione, nei quartieri più centrali, come il Beaubourg e il primo arrondissement, tra i lavori del Centre Pompidou e quelli della faraonica piramide di Ming Pei al Louvre, e nella banlieue popolare, a Ménilmontant e a Stalingrad ad esempio. Una volontà di riappropriarsi dello spazio urbano, squarciato dai lavori edilizi e dal degrado, in primo luogo, ma anche di combattere quella cultura borghese perbenista che ai giovani andava stretta, nonostante la maggior parte dei graffitari ne facesse parte a tutti gli effetti. Così, in mezzo a semplici scritte e tag, graffiti e disegni anonimi, appaiono alcune vere opere d’arte, che attirano subito l’attenzione dei passanti ma anche di gallerie e critici, incuriositi da questi sconosciuti dalla grande forza espressiva, liberi di esprimersi senza vincoli, capaci di realizzare lavori complessi e accurati in pochi minuti.

Bonom, Parigi, Marais
Bonom, Parigi, Marais

Ma negli anni novanta le cose cambiano radicalmente e parte una vera e propria repressione nei confronti della street art: muri, treni e spazi pubblicitari vengono ripuliti, gli artisti sono arrestati e multati e anche i cittadini si scoprono meno benevoli nei confronti di una pittura che ha ricoperto ogni centimetro della loro storica e romantica città. Tempo un decennio e la situazione si ribalta nuovamente, soprattutto grazie alle gallerie d’arte (prime tra tutte la stilista agnès b. e Willem Speerstra), che impongono gli street artist ai massimi livelli del mercato dell’arte. Ci pensano poi i grandi musei e i municipi dei diversi arrondissement parigini a dar loro il meritato riconoscimento sociale; nel 2009 il Grand Palais organizza l’esposizione T.A.G., che ottiene un successo inimmaginabile, mentre i Comuni commissionano decine di opere, finalmente legali. Tra queste ultime va almeno citato uno dei pionieri francesi, Jef Aérosol (in francese “aérosol” è la vernice spray), che ha realizzato un affresco in place Stravinsky, tra la fontana folle di Jean Tinguely e Niki de Saint Phalle, la chiesa gotica di saint-Mérri e il Pompidou (Chuttt!!!, 2011).

Jef Aérosol, Chuttt!!!, 2011, Parigi, place Stravinsky
Jef Aérosol, Chuttt!!!, 2011, Parigi, place Stravinsky

L’elenco degli artisti all’opera per le strade di Parigi è pressoché infinito e ogni giorno si aggiungono persone nuove sulla scena, ma vale la pena ricordare due “maestri” indiscussi della Ville Lumière, con uno stile talmente originale e riconoscibile che è impossibile dimenticarli, pittorico e capace di portarci lontano dalla freddezza metropolitana. Loro sono Jérôme Mesnager e Mosko, i quali hanno spesso lavorato fianco a fianco; il primo è l’autore degli “omini bianchi”, una sorta di manichini snodati che si arrampicano sui muri per portare libertà e pace, mentre il secondo è riuscito a popolare la regione parigina di animali della savana, semplici, colorati, adatti a tutti.

Mosko e Jérôme Mesnager, BHV Hotel de Ville Parigi
Mosko e Jérôme Mesnager, BHV Hotel de Ville Parigi

Tra gli ultimi “nati” troviamo invece l’irriverente Ride in Peace, che si diverte a recuperare rottami di biciclette e ad attaccarli sui muri, come segno d’amore per questo mezzo di trasporto, spesso maltrattato nelle metropoli. Il suo punto di forza è l’ironia ma anche la capacità di creare vere installazioni che affiorano dalle pareti degli edifici.

Ride in Peace, Parigi, Marais
Ride in Peace, Parigi, Marais

Il segreto è quindi perdersi tra le strade della capitale francese, alzando gli occhi al cielo, magari verso palazzi in apparenza bruttini e senza carattere, che possono regalare davvero opere d’arte inaspettate.

ENGLISH TEXT
Art for everyone: street art in Paris.
«On the road, we can make art for people of our time, for the passers-by as well as the homeless» – Jérôme Mesnager
If we think about the origins of street art, we remind the graffitis on the underground and the walls of New York; thank to them in the seventies millions of young people all over the world become aware of their freedom and longing for asserting themselves in a new way outside the box.
In Europe to find out the roots of a genre which upset art rules and which is making itself known as the real face of the contemporary society, it is necessary to go to Paris, a town in a ferment between seventies and eighties, because of the aftermath of 1968 and its socio-cultural revolution, of the changes imposed by French government, not least the architectural twistings, among new constructions made by archistars and urbanistic development. In this atmosphere the first street artists began to express themselves on Paris roads, trying to enliven the hundreds of yards’ fences and buildings under demolition, in the central quarters, as Beaubourg and the first arrondissement, between Pompidou works and the pharaonic pyramid by Ming Pei at Louvre, as well as in the social suburbs, like in Ménilmontant and Stalingrad. A will of taking possession of urban space, torn by building activities and decay, first of all, but also of fighting against the bourgeois culture that young people didn’t bear, although most of them belonged to the middle class. Then, among simple writings and tags, anonymous drawings and graffitis, some true works of art appear, attracting passers-by, galeries and critics, curious by these strangers with a great expressive strenght, free to voice bondless and able to realize complex and precise works in few minutes.

Invader, Parigi, Marais
Invader, Parigi, Marais

But in the nineties things change radically and a real repression starts towards street art: walls, trains and advertising spaces are cleaned, artists are arrested and tagged by police and even the citizens become less benevolent about a painting that had covered every inch of their romantic and historical town. After a decade the situation changes again, especially thank to art galleries (first of all fashion designer agnès b. and Willem Speerstra ones) who impose street artists to the highest level of art market. Then great museums and different arrondissements municipalities in Paris give them a social recognition; in 2009 Grand Palais organizes T.A.G. exhibition, that gains a huge success, while town halls commission works over and over, at last legal. Among these, there is one of the French pioneer, Jef Aérosol (in French “aérosol” is spray paint) who realized a fresco in place Stravinsky, between the crazy fountain by Jean Tinguely and Niki de Saint Phalle, Saint-Mérri gothic church and the Pompidou Center (Chuttt!!!, 2011).
The list of the artists at work among Paris streets is almost endless and every day brand new people appear on the scene, but it is worth to remember at least two indiscussed “masters” of Ville Lumière, marked by a so original and recognizable style that it is impossible to forget them, a pictorial style able to bring us away from the metropolitan coolness. They are Jérôme Mesnager and Mosko, who have often worked side by side; the first one is the author of “white men”, a sort of jointed dummies climbing the walls to bring freedom and peace, whilst the second was able to populate Paris region with savannah animals, which are plain, coloured, suitable for everyone. Among the new-born, there is the irriverent Ride in Peace, who likes recovering bicycles’ wreck and hanging them up the walls, as a mark of love for this mean of transport, frequently abused in big cities. His strong point is irony but also the skill of creating real installations emerging from the buildings’ walls.
The secret is getting lost among the streets of French capital, lifting the eyes towards appearently ugly and spineless buildings, which can show authentic and unexpected artworks.

La Parigi eterna di Magnum Photo

«Magnum Photo è una qualità umana condivisa, una curiosità e un rispetto per quello che succede nel mondo» – Henri Cartier-Bresson

“Parigi vista con gli occhi di alcuni dei più grandi fotografi al mondo” potrebbe essere il sottotitolo ideale alla mostra che si è svolta nel centralissimo Hôtel de Ville, a due passi dalla cattedrale di Notre-Dame e alle porte del Marais, quartiere artistico e giovane per eccellenza. Ma la città vista da questi fotografi spesso non ha niente a che fare con le immagini da cartolina che siamo abituati a vedere sulle riviste e i libri, la televisione e i social network. La loro è una città fatta soprattutto di persone, reali e senza filtri, lontane dalle modelle e dai turisti di oggi, ma anche di oggetti, abbandonati per la strada, ridotti a brandelli, consunti, poveri. Del resto l’esperienza di Magnum Photo inizia negli anni trenta, senza ancora un’agenzia organizzata alle spalle; dei giovani americani nella capitale francese, spinti solo dalla curiosità e dalla sete di conoscere e vedere coi propri occhi una realtà e della gente così diversa da quella americana. Ma la Parigi di quegli anni è fatta di indigenza, miseria, sofferenza, fatica, almeno fino agli anni sessanta; c’è la guerra, poi la gioiosa liberazione, la difficoltà di far fronte alle immani distruzioni, gli scioperi degli operai, le manifestazioni.

Tutto questo viene raccontato da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson e David Seymour, gli storici fondatori dell’agenzia fotografica più famosa al mondo, ancora in attività dopo oltre 70 anni, con un occhio asciutto, senza giudizi né pregiudizi, dove l’atmosfera spesso è rarefatta, sospesa, fatta di nebbia e pioggia, invernale più che estiva. Lo si vede bene nell’immagine di Cartier-Bresson Pont Neuf e Square du Vert-Galant (1951), quasi un’incisione con quella brume che avvolge tutto, che suggerisce piuttosto che mostrare, ma che rappresenta uno degli scorci più famosi e immortali della città.

Henri Cartier Bresson, Pont Neuf et square du Vert-Galant, 1951
Henri Cartier Bresson, Pont Neuf et square du Vert-Galant, 1951

La Montmartre di Herbert List invece non ha niente della collina gioiosa e turistica di Amélie o della place du Tertre, ma è animata da gente qualunque, che cammina tra edifici fatiscenti e affiche pubblicitarie che invadono ogni superficie, così come il Canal de l’Ourcq (1957) di Inge Morath è ancora un quartiere operaio, estremamente disagiato e modesto, senza locali e ristoranti alla moda che si affacciano sul romantico canale, invasi da giovani parigini bohémien.

Herbert List, Montmartre, 1936
Herbert List, Montmartre, 1936

 

Inge Morath, Canal de l'Ourcq, 1957
Inge Morath, Canal de l’Ourcq, 1957

Spetta a Capa darci alcune delle fotografie più intense dell’immediato dopoguerra, con quegli immensi e improvvisati cortei di persone a camminare e incontrarsi nuovamente per le strade, tornate libere e sicure (Libération de Paris, 26 août 1944), e sua è una delle immagini simbolo dell’esposizione, che mostra il lato elegante e benestante della città, con le signore ben vestite e quell’allure imperscrutabile dietro gli occhiali scuri, gli uomini ipnotizzati dalle corse dei cavalli e forse preoccupati per le loro scommesse (Course à l’hippodrome de Longchamp, 1952). Questo è anche un esempio di una delle incursioni di quegli anni nel campo della fotografia a colori, poco praticata però dall’agenzia fino agli anni novanta; qui tuttavia il colore aggiunge fascino invece che togliere atmosfera perché serve a sottolineare il carattere mondano del luogo e la sua distanza dalle scene di vita quotidiana fatte di miseria e lavoro duro.

Robert Capa, Libération de Paris 1944
Robert Capa, Libération de Paris 1944

 

Robert Capa, Course à l'hippodrome de Longchamp, 1952
Robert Capa, Course à l’hippodrome de Longchamp, 1952

C’è spazio anche per i ritratti di personalità celebri, che sono strettamente legate a Parigi, come il Picasso di Capa, la Simone de Beauvoir di Elliott Erwitt, così austera ed elegante, e il Brancusi di Wayne Miller (Brancusi dans son studio, 1946), quasi fosse una delle tante anime erranti dei quartieri popolari, col martello saldamente in mano, più da operaio metallurgico che da grande scultore, con lo sguardo semplice e penetrante, che solo i grandi geni hanno.

Elliott Erwitt, Simone de Beauvoir, 1952
Elliott Erwitt, Simone de Beauvoir, 1952

 

Wayne Miller, Brancusi dans son studio, 1946
Wayne Miller, Brancusi dans son studio, 1946

Dagli anni sessanta inizia una nuova fase per la Ville Lumière, dove coesistono le grandi masse di proletari indigenti e i filosofi e registi della Nouvelle Vague, la minigonna e le lotte rivoluzionarie del 1968, rese immortali dal cinema certamente ma anche dalle foto di Bruno Barbey (Nuit d’émeute au Quartier latin, maggio 1968), con barricate e guerriglia urbana come non si vedevano dai tempi della Commune.
Ma la vera rottura si ha forse solo negli anni novanta, un’epoca fatta di immagini mediatiche come mai prima d’ora: il boom della televisione e l’avvento di internet fanno vacillare lo statuto stesso della fotografia, meno immediata, statica, più ancestrale per certi versi, nonostante l’uso del digitale abbia aperto una gamma pressoché infinita di possibilità. Anche la stessa Parigi non è più quella di un tempo: grandi costruzioni iconiche tappezzano ora la città (le nuove Halles, il Centre Pompidou, la piramide di Ming Pei, i grattacieli della Défense), più agiata e meno indigente rispetto al passato, più scintillante e modaiola come durante la Belle Epoque, ma dove rimangono ancora tante frange di povertà e malessere sociale.
Tutto questo si ritrova nelle fotografie dei nuovi adepti dell’agenzia, ancora in attività dopo settant’anni.
Paris Magnum – Parigi, Hôtel de Ville, dal 12 dicembre 2014 al 25 aprile 2015

Visitare Parigi senza spendere (quasi) nulla – I musei civici

Forse non tutti sanno che la città di Parigi possiede una vasta rete di musei comunali, dipendenti direttamente dal municipio (la Mairie), che spaziano dall’arte contemporanea alle dimore di celebri scrittori, dalla scultura all’arte cinese. Quasi tutti questi musei comunali  sono gratis per le collezioni permanenti, mentre le collezioni temporanee sono a pagamento (ma sono per lo più allestite in un’altra area dell’edificio quindi potete godervi il museo senza spendere nulla). Certo a volte le esposizioni temporanee sono delle vere chicche ed è un vero peccato perdersele (vedi la favolosa mostra su Yves Saint Laurent allestita al Petit Palais nel 2010).

Ecco l’elenco completo dei musei comunali gratuiti:

  • Musée Carnavalet

Alloggiato in due seicenteschi hôtel particulier (dimore private), quello Carnavalet e quello Le-Petier-de-St-Fargeau, illustra la storia di Parigi, dall’origine romana passando attraverso i tumultuosi anni della Rivoluzione Francese, fino ai giorni nostri. Nella corte è ospitato uno splendido giardino, che tra l’altro è una zona wi-fi gratuita. Tra le chicche che non potete davvero perdere, ci sono la ricostruzione della camera da letto di Marcel Proust e quella della boutique art nouveau di Fouquet, oggetti appartenuti a Voltaire, affreschi di Charles Le Brun e di Fragonard.

Il Musée Carnavalet e il suo giardino
Il Musée Carnavalet e il suo giardino
  • Musée Cognacq-Jay

Situato sempre nel cuore del Marais, questo museo fu creato dai coniugi Cognacq e Jay, fondatori del grande magazzino Samaritaine (di recente restaurato), e accoglie dipinti di maestri francesi come Fragonard, Chardin, Boucher, mobili e gioielli del Settecento.

  • Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris

Si trova all’interno del Palais de Tokyo (il quale ospita anche un’interessante sezione contemporanea, votata agli artisti più giovani e alla sperimentazione, a pagamento), che fu costruito in occasione dell’esposizione del 1937, al posto della manifattura di tappeti della Savonnerie. Le terrazze esterne sono ornate da alcune sculture di Bourdelle. Il museo accoglie una collezione molto varia di arte contemporanea datata alla prima metà del Novecento, partendo dal fauvismo di Matisse alla videoarte di Warhol, dal dadaismo di Duchamp e Picabia fino all’installazione di Boltanski (allestita nel sottosuolo e davvero avvolgente nella sua oscurità). Quando uscite, non dimenticate di fare un salto dall’altra parte della strada, dove un bellissimo e poco frequentato giardino confina con le arcate del Musée Galliera e ospita alcuni manifesti di moda.

Il Palais de Tokyo
Il Palais de Tokyo
  • Maison – Musée Victor Hugo

Si trova in una zona che più turistica, centrale e affollata non si può, quindi non ci sono scuse per non visitarla. L’hôtel particulier in cui lo scrittore francese alloggiò tra il 1832 e il 1848 è collocato infatti sotto le arcate della Place des Vosges, tra bistrot, café, antiquari e gallerie d’arte. Racchiude oggetti appartenuti a Hugo, compreso il letto in cui morì, e le opere da lui scritte. Piccolino ma una vera chicca parigina. Del resto cosa c’è di più parigino della casa dell’autore di Notre Dame de Paris?

  • Maison – Musée Balzac

Si trova nel quartiere di Passy (XVI arrondissement), affatto turistico ma molto residenziale, ed è la casa che lo scrittore abitò nel momento di crisi finanziaria, sotto pseudonimo. Vi sono conservati oggetti personali e mobili, compresa la scrivania su cui stava anche 24 ore al giorno, manoscritti, appunti e una piccola libreria in cui trovare tutte le opere de La Comédie Humaine.

La casa di Balzac e la Tour Eiffel alle sue spalle
La casa di Balzac e la Tour Eiffel alle sue spalle
  • Petit Palais

Non fatevi ingannare dal nome, che serve solo a distinguerlo dal Grand Palais posto esattamente di fronte: questo edificio, costruito in occasione dell’Esposizione Universale del 1900, è tutt’altro che piccolo e ospita una collezione che più eterogenea non si può. Si va dai dipinti ottocenteschi e simbolisti alle antichità greche nel sottosuolo, dalle icone russo-bizantine all’art déco, dalle porcellane cinesi e giapponesi ai mobili. Da scoprire anche il giardino all’interno e la gelateria sotto l’emiciclo, très chic.

La facciata del Petit Palais
La facciata del Petit Palais
L'interno del Petit Palais
L’interno del Petit Palais
  • Musée Bourdelle

Ospitato nella casa-atelier dello scultore francese che fu collaboratore di Rodin e maestro di Giacometti, in una stradina residenziale lontana dalla verve consueta del quartiere di Montparnasse, il museo presenta tutta la produzione di Bourdelle, dai gessi agli studi e frammenti di importanti monumenti, fino ai bronzi collocati nel giardino interno, segreto e delizioso. E si vi siete appassionati al suo lavoro, sappiate che le sue sculture si trovano ovunque a Parigi: al vicino cimitero di Montparnasse, al Jardin des Tuileries, davanti al Palais de Tokyo…tutte rigorosamente gratuite.

Il giardino interno del Musée Bourdelle
Il giardino interno del Musée Bourdelle
  • Mémorial du maréchal Leclerc de Hauteclocque et de la Libération de Paris – Musée Jean Moulin

Parigi non è solo frivolezza e shopping, ma si possono vivere tanti momenti di riflessione e approfondimento sulla nostra storia recente, come in questo museo, dedicato a due personaggi cardine della Seconda Guerra Mondiale sul fronte francese. L’edificio si trova al di sopra della centralissima gare de Montparnasse, in mezzo al jardin Atlantique, vero e raro giardino sopraelevato, quindi non ci sono scuse per non visitarlo.

  • Musée Zadkine

È la piccola casa abitata dalla scultore russo, a breve distanza dal giardino del Luxembourg. Tutto è rimasto pressoché immutato, con le opere sparse per l’abitazione e nel giardino fiorito.

  • Musée de la Vie Romantique

Piccola casa quasi nascosta, ai piedi della Butte di Montmartre, che fu dimora e studio del pittore Ary Scheffer, ospita tra gli altri numerosi cimeli appartenuti a George Sand, una delle protagoniste del periodo romantico parigino, che qui si riuniva nel circolo culturale, frequentato anche da Chopin, Delacroix e Liszt.

Il Museo della Vie Romantique
Il Museo della Vie Romantique
  • Musée Cernuschi

A due passi dal bellissimo e pittoresco Parc Monceau, ospita una piccola ma preziosa collezione di arte cinese, raccolta dall’industriale Henri Cernuschi nel corso dei suoi viaggi: giade, ceramiche, bronzi, pitture.

L'interno del Musée Cernuschi
L’interno del Musée Cernuschi

Visitare Parigi senza spendere (quasi) nulla – Mémorial de la Déportation

Mémorial de la Déportation.

Se luci e frivolezze della Ville Lumière vi fanno girare la testa o non vi interessano particolarmente, fermatevi a riflettere al Mémorial de la Déportation, a due passi da Notre-Dame. Monumento alla memoria delle vittime dei campi di concentramento, è un luogo piccolo, nascosto, raccolto, tra cielo e Senna, da vedere in assoluto silenzio.

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Il Memoriale è un piccolo edificio sulla Senna, a cui si accede da una stretta scala. Le lastre della facciata sono state ricavate dalle montagne francesi e conferiscono un aspetto essenziale e austero, ma allo stesso tempo solido e concreto.

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Tramite un’angusta e cupa feritoia si accede alla cripta vera e propria; all’interno ci sono due gallerie, nelle quali si aprono una serie di nicchie contraddistinte dai nomi dei campi di concentramento, che contengono le urne con la terra dei lager e le ceneri dei crematori. Una buia galleria è fregiata da schegge di vetro, simbolo delle migliaia (si pensa oltre 200mila) di deportati francesi, e custodisce i resti di un deportato anonimo.

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Visitare Parigi senza spendere (quasi) nulla – Le stazioni del métro

Le stazioni della metropolitana.

Un giro in metro non è proprio gratis perché bisogna pagare il biglietto (e non fate come quelli che scavalcano i tornelli o vi si attaccano alla schiena per passare dalle porte d’accesso), ma potete approfittarne quando andate da qualche parte (e la metro si usa sempre a Parigi). Ci sono tante stazioni con un design particolare, decorazioni, calchi di opere d’arte, pannelli fotografici. Qualche esempio? Varenne, con le copie di due celebri sculture di Rodin (Balzac e Il pensatore); Louvre-Rivoli, con i calchi di opere conservate al Louvre; Arts e Métiers, una sorta di Nautilus arancione molto Jules Verne; Concorde, con pannelli che illustrano la storia della Comune; Bastille, decorata nel 1989 per celebrare il bicentenario della Rivoluzione francese; Cluny-La Sorbonne, il cui tetto è decorato con mosaici di Jean Bazaine.

Arts & Metiers
Cluny-La Sorbonne
Vive la Revolution! Bastille
Rodin, Balzac – stazione Varenne.
Il pensatore in métro – Varenne
Louvre-Rivoli

Visitare Parigi senza spendere (quasi) nulla – Colette e Merci

Se siete delle vere (ma anche dei veri) trend-setter e fashion-victim, le tappe d’obbligo a Parigi sono Colette e Merci, più di due semplici negozi, quasi due gallerie di design e arte contemporanea, coloratissime e piene zeppe di oggetti di ogni tipo. Non a caso vengono chiamati concept-store. Ma perchè visitare dei negozi? Proprio perché non sono solo dei negozi dove fare acquisti, anzi, visti i prezzi, non sarà difficile uscire senza aver comprato nulla, ma anche café dove prendre un pot e leggere un libro o sfogliare una rivista. Oppure potete anche solo rubare qualche idea di interior design per la vostra casa e scoprire la musica giusta per le feste più fashion e cool che la vostra triste cittadina di provincia neanche si sogna.

Colette  si trova in una zona centralissima della Ville Lumière, a due passi da rue de Rivoli, dal Louvre e dai giardini delle Tuileries. Non è un posto grandissimo, quindi preparatevi a fare a botte per entrare e per muovervi tra gli scaffali iperfantascientifici, che ospitano di tutto, dagli abiti supergriffati (e supercostosi ça va sans dire) alle scarpe sportive, dalle scatole di cioccolatini di Keith Haring e Basquiat ai cd, dai libri di mostre alle fotografie dei fotografi più controversi dell’arte.  

213 rue Saint-Honoré - Colette
213 rue Saint-Honoré – Colette
Colette - Paris
Colette – Paris

Merci è un negozio molto particolare che vende abbigliamento, arredo, oggetti di cartoleria, fiori e ha un carinissimo e très parisien café all’interno.  Si trova in una zona un po’ defilata e non proprio vicina ad attrazioni turistiche, ma nemmeno lontana dal mondo, visto che è tra la Bastiglia e il Marais. Il concept di partenza è davvero nobile, visto che si tratta di donazioni da parte di celeb e il cui ricavato va ad attività benefiche, quindi non è difficile trovarvi abiti di Kate Moss e pezzi d’arredo delle case più chic della città.

111 boulevard Beaumarchais - Merci
111 boulevard Beaumarchais – Merci
Interno di Merci
Interno di Merci

Visitare Parigi senza spendere (quasi) nulla – I cimiteri monumentali

I quattro cimiteri monumentali di Parigi: Le Père-Lachaise, Montmartre, Montparnasse, Passy. A dispetto del nome e della funzione non sono affatto luoghi tristi e lugubri, al contrario sono immersi nel verde e “très chic e anciens”. È d’obbligo andare alla ricerca delle tombe illustri, ma non limitatevi alle persone celebri: perdetevi (ed è semplice, ve lo assicuro) in mezzo alle stradine e alle tombe più particolari e antiche.
P.s. a Montparnasse cercate la finta tomba del gatto Ricardo di Niki de Saint Phalle.

Cimitero Le Père-Lachaise
È il cimitero più grande della città, creato a inizio Ottocento; prende il nome dal prete gesuita de La Chaise, proprietario originario della terra. È una delle tappe obbligatorie per chiunque si rechi a Parigi, anche solo per qualche giorno poiché ospita le tombe di personaggi illustri, come Colette, Chopin, il pittore Corot, l’attrice Sarah Bernhardt, Molière, Modigliani, Jim Morrison, Edith Piaf, Proust, Apollinaire, Oscar Wilde, Delacroix e Balzac. Uno dei sepolcri più monumentali e spettacolari è quello di Oscar Wilde, opera dello scultore Jacob Epstein (1912); raffigura un genio alato, che ricorda i grandi tori alati con testa umana di epoca assira (splendidi esempi si trovano al Louvre).

La tomba di Oscar Wilde al Père-Lachaise
La tomba di Oscar Wilde al Père-Lachaise
La tomba di Chopin al Père-Lachaise
La tomba di Chopin al Père-Lachaise

 

Cimitero di Montmartre
La butte più famosa di Parigi non è solo Sacré-Coeur, place du Tertre, artisti di strada, brasserie alla Amélie, ma ospita anche un cimitero monumentale, più piccolo rispetto a quello del Père-Lachaise, ma di qualche anno più antico. In origine era un luogo sinistro, dove venivano tumulati i detenuti, mentre dal 1879 è diventato il luogo di sepoltura per eccellenza di pittori, poeti, ballerine del Moulin Rouge, musicisti, ossia coloro che animavano le vie del quartiere durante gli anni ruggenti della Ville Lumière, ma anche in epoca più recente. Tra di essi troviamo Degas, la Goulue, François Truffaut, Dalida, Gustave Moreau, Stendhal, la Signora delle Camelie, Dumas figlio, Foucault (sì, quello del pendolo), Théophile Gautier. 

La tomba di Dumas fils a Montmartre
La tomba di Dumas fils a Montmartre
La tomba di Dalida a Montmartre
La tomba di Dalida a Montmartre

Cimitero di Montparnasse
L’altro quartiere simbolo dell’arte d’avanguardia francese ed europea non poteva che ospitare il cimitero degli artisti maledetti, che a lungo soggiornarono qui; tra di essi Baudelaire, Bourdelle, Soutine, Maupassant, Samuel Becket, Brancusi, Serge Gainsbourg, Sartre e Simone de Beauvoir. Tra le tombe celebri, non dimenticate di cercare la finta tomba del gatto Ricardo e l’Uccello metallico di Niki de Saint Phalle, due vere chicche di arte contemporanea.

La tomba del gatto Ricardo di Niki de Saint Phalle a Montparnasse
La tomba del gatto Ricardo di Niki de Saint Phalle a Montparnasse

 

Cimitero di Passy
È il cimitero meno famoso della città e quello meno frequentato, ma merita una visita, anche perché si trova a due passi dal Palazzo del Trocadéro, dalla cui spianata si ha la vista fantastica della Tour Eiffel. Vi riposano Manet, Berthe Morisot, Debussy, Fernandel, la famiglia Guerlain (quella dei profumi e dei cosmetici), Paul Guillaume (il mercante d’arte dell’avanguardia), Marmottan (quello del museo omonimo dedicato a Monet).

La tomba della famiglia Guerlain a Passy
La tomba della famiglia Guerlain a Passy

Visitare Parigi senza spendere (quasi) nulla – La Défense

La Défense nasce come quartiere degli affari, con le sedi delle principali multinazionali e delle più importanti aziende francesi, ma diventa in breve tempo un vero e proprio museo a cielo aperto di arte contemporanea, arricchito da giardini, fontane, spazi verdi.
La sua costruzione inizia negli anni cinquanta, quando la Francia punta sulla decentralizzazione (la zona si trova fuori dai confini parigini) e la modernità per risollevarsi dagli orrori e dalle distruzioni della guerra. Sin dal principio si decide per la pedonalizzazione dell’area: le auto, i parcheggi, i trasporti e persino l’autostrada sono posti sottoterra e sono di fatto invisibili.
Ospita anche uno dei più grandi centri commerciali d’Europa, con negozi e servizi di ogni tipo e di ogni prezzo.

La Torre Moretti - Raymond Moretti
La Torre Moretti – Raymond Moretti

Più di un centinaio di torri ultramoderne svettano nel cielo, ognuna diversa ma tutte parti di uno stesso insieme, dai colori e dalle forme più impensabili, molto diverse insomma dalla tristezza e dal grigiore dei grattacieli americani. Tra di esse la torre denominata I tre alberi dell’architetto Grataloup (1988) e la torre Le Moretti (1990) realizzata dall’architetto Raymond Moretti (nizzardo di origine italiana), che altro non è che una torre di ventilazione, formata da tubi in fibra di vetro dipinti a righe coloratissime.

Torre Les Trois Arbres
Torre Les Trois Arbres

Artisti famosi hanno firmato un’ottantina di opere d’arte, la maggior parte di enormi dimensioni, accessibili in qualsiasi ora del giorno e gratuitamente. Tra le più lampanti c’è il grande Ragno rosso di Calder (1976), scultura in acciaio alta 15 metri, che richiama l’omonima opera posta a Chicago, ed è una delle ultimissime creazioni dell’artista, morto nello stesso anno. Lontana dall’essere una creatura minacciosa e spaventosa, è diventata una vera attrazione. Di dimensioni più piccole ma ugualmente d’impatto è il mezzo busto di Mitoraj, Le Grand Toscano (1983), con la testa tagliata sotto il naso, senza braccia, il cuore trafitto, una sorta di moderna rivisitazione di una statua classica. Con effetto totalmente straniante si erge il Pollice di César (1994), un pollicione alto ben 12 metri, calco del dito dell’artista marsigliese (ma di origine italiana) e ingrandito a dismisura. I buffi e coloratissimi personaggi di Mirò (1976) marcano l’ingresso del centro commerciale, mentre la Fontana di Agam (1988) incanta con i suoi giochi d’acqua e il mosaico del fondo dà l’illusione del movimento (gli smalti delle tessere vengono direttamente da Venezia). Un’altra fontana monumentale è quella nel Bassin Takis (1990), costituita da 49 segnali, un po’ indicatori un po’ semafori, che si muovono grazie al vento.

La fontana Agam e l'Arc de Triomphe sullo sfondo
La fontana Agam e l’Arc de Triomphe sullo sfondo
Le Bassin Takis
Le Bassin Takis

La costruzione più eclatante rimane tuttavia La Grande Arche (1989), arco contemporaneo che riprende i classici archi trionfali romani e parigini (l’Arc de Triomphe su tutti, ma anche l’Arc du Carrousel du Louvre), ma ingigantito, tanto da poter idealmente contenere al suo interno la chiesa di Notre-Dame. È posto sulla linea che arriva fino all’Arc de Triomphe ed è stato non a caso inaugurato il 14 luglio 1989, nel bicentenario della Rivoluzione francese. È possibile salire in cima grazie a un ascensore completamente trasparente e godere di una vista mozzafiato (questo però a pagamento, ma ne vale davvero la pena).

La Grande Arche, la Fontana Agam e i personaggi di Mirò
La Grande Arche, la Fontana Agam e i personaggi di Mirò

Un’altra particolarità è infine la presenza di una vigna, che produce veramente vino, installata qui nel 2007 e che rendono il luogo ancora più parigino e d’altri tempi, invecchiando un po’ la modernità del quartiere.

Visitare Parigi senza spendere (quasi) nulla – Le colonne di Buren

Palais Royal e colonne di Daniel Buren
Creato per volontà del cardinale Richelieu nel 1633, il Palais Royal e i suoi giardini accolsero le famiglie reali fino alla costruzione di Versailles. I giardini oggi sono racchiusi da un insieme architettonico che unisce passato e presente, grazie alle sculture di Buren e Bury. Le colonne di Buren sono poste nella corte interna, vicino al giardino e al Ministero della Cultura. All’epoca della loro realizzazione nel 1985, sorsero molte polemiche, tanto che i lavori furono interrotti per qualche tempo, fino a quando il Ministro della Cultura François Léotard non rilanciò il progetto nel 1986, che venne ultimato nel 1995. Dopo un restauro durato qualche anno per ravvivare i colori, nel 2011 le colonne sono state nuovamente riaperte al pubblico e contraddistinguono ancora con le loro strisce bianche e nere la corte d’onore del Palazzo.

La presenza di tanti tronchi di colonne a strisce bianche e nere in uno dei palazzi più antichi e prestigiosi di Parigi ha fatto e farà sempre storcere il naso ai puristi, ma il contrasto stridente tra le due architetture crea in realtà un connubio sorprendente e inaspettato. Vedere per credere. E poi la zona attorno al Palais Royal è una delle più chic e belle di Parigi.

Le colonne di Buren nella corte del Palais Royal
Le colonne di Buren nella corte del Palais Royal
Installazione di Daniel Buren al Palais Royal
Installazione di Daniel Buren al Palais Royal