Invadere lo spazio urbano: la street art musiva di Invader

Un’arte decisamente colorata, fortemente sintetica, un’arte affascinante che si installa con audacia sui muri e dappertutto, arte vivente, moltiplicata, e non isolata e seppellita nei musei” – Manifesto dell’arte pubblicitaria di Fortunato Depero.
Tra gli street artist più conosciuti e riconoscibili degli ultimi anni figura senza dubbio il parigino Invader che, grazie al suo progetto Space Invaders, è riuscito a colonizzare in maniera pacifica, giocosa e colorata buona parte del globo terrestre, dalla Francia al Nepal, dall’Italia agli Stati Uniti. Nel nome e nella forma si rifà chiaramente al videogame omonimo, ormai un gioco vintage per le nuove generazioni, al contrario un pioniere del digitale diventato culto per coloro che hanno vissuto negli anni ottanta e novanta.

Invader, Sirena, Marina di Ravenna courtesy Invader
Invader, Sirena, Marina di Ravenna courtesy Invader

Invader, il cui nome e volto restano ancora sconosciuti, abbandona gli stilemi più classici e consueti dell’arte urbana, per dedicarsi a un medium originale e fuori dagli schemi, personale eppure antichissimo. Le sue opere sono infatti dei vivaci quadrati a mosaico, il cui soggetto cambia a seconda del luogo scelto per l’invasione, sia essa guerrigliera e illegale o al contrario commissionata da gallerie.

Invader, Happy as a Tree in Ravenna, via di Roma
Invader, Happy as a Tree in Ravenna, via di Roma

Nel sito web dell’artista è possibile seguire ogni suo spostamento e rendersi conto di quante città siano state toccate dal francese, che è arrivato addirittura in India e Australia. Spesso le sue opere sono in bella vista sui muri degli edifici più centrali delle città, soprattutto in Europa, altre volte invece sono piccoli quadratini nascosti in alto, sotto un cornicione o vicino alle targhe delle strade, o ancora possono trovarsi sui piloni dei cavalcavia di strade a scorrimento veloce, come tangenziali e statali.

Invader, S.t, Ravenna, statale Adriatica, 2015, courtesy Invader
Invader, S.t, Ravenna, statale Adriatica, 2015, courtesy Invader

 

Invader, Making of Giustiniano e Teodora, 2015, courtesy Invader
Invader, Making of Giustiniano e Teodora, 2015, courtesy Invader

Uno dei suoi posti finora più “urbanizzati” resta Ravenna, città per antonomasia legata al mosaico: la prima comparsa è avvenuta nel 2014 e la seconda più massiccia nel settembre del 2015, con ben 15 messe in opera. Quest’ultimo intervento è stato davvero un vero e proprio omaggio alla tradizione del mosaico in uno dei suoi luoghi più rappresentativi, una città letteralmente coperta di opere musive, bizantine ma anche contemporanee, illuminate dai bagliori dorati delle tessere e contraddistinte da forti simboli iconici.

Invader, Giustiniano e Teodora, 2015, courtesy Invader
Invader, Giustiniano e Teodora, 2015, courtesy Invader

E così su un muro accanto alla basilica di San Vitale hanno fatto la loro comparsa i volti degli imperatori Giustiniano e Teodora (il cui corrispettivo di VI secolo si trova proprio dentro San Vitale), per poi scomparire dopo qualche giorno (rimossi dai residenti?), lasciando solo le tracce delle tessere e il muro scrostato.

Giustiniano e Teodora, Ravenna, via San Vitale
Giustiniano e Teodora, Ravenna, via San Vitale

Resistono invece le colombe alla fonte (The strange encounter), vero simbolo della città affisso su centinaia di souvenir, e i suoi tanti “invaders” sparsi un po’ ovunque, su sfondi dorati in perfetto stile paleocristiano o con tessere dai toni sgargianti, in rosso, blu o verde.

The Strange Encounter, Ravenna, via Rasponi
The Strange Encounter, Ravenna, via Rasponi

Una delle opere più divertenti e amate resta il lavoro commissionato dall’associazione culturale Marte al Planetario cittadino nel 2014, dove su un pannello di grandi dimensioni figurano Spock e una navicella aliena, protagonisti di un immaginario fantascientifico e nerd tanto caro all’artista.

Invader, Planetario, Ravenna
Invader, Planetario, Ravenna

Invader si è poi spinto fino al mare, dove ha realizzato una sirenetta sul molo di Marina di Ravenna, tra barche e pescatori, un po’ in stile Copenaghen.

Invader, Sirenetta, 2015, courtesy Invader
Invader, Sirenetta, 2015, courtesy Invader

ENGLISH TEXT
Invading urban space: mosaic street art by Invader.
A quite colorful art, highly synthetic, a fascinating art installing on the walls and everywhere, living and multiplied art, not lonely and buried in the museums” – Fortunato Depero.
One of the most renowed street artist is definetely Parisian Invader who, thank to his project Space Invaders, is succeed in colonizing in a pacific, colorful and playful way a huge part of the earth, from France to Nepal, from Italy to United States. In the name and in the form he is inspired by homonimous videogame, a vintage and old fashioned game for new generations, on the contrary a pioneer of digital era become a cult for those who grew up in eightiees and ninetiees.

Invader, Ravenna, Mercato coperto, 2015
Invader, Ravenna, Mercato coperto, 2015

Invader, whose name and face are still unknown, gives up the most classical and ordinary features of urban street to dedicate himself to an original and outside the box expressive medium, personal and very ancient at the same time. His artworks in fact are some bright mosaic squares, whose subject changes in according to the place he chose for the invasion, both fighting and illegal or instead commissioned by galleries. In his web site it is possible to follow every movement and to realize how many towns have been invaded by French artist, who arrived just in India and Australia. His works are often in a beautiful sight on the walls of the most central buildings, especially in Europe, other times his small squares are hidden on the top, near to street tags, or they can be along the highway.

Invader, Ravenna, via Guidone, 2015
Invader, Ravenna, via Guidone, 2015

So far one of the most “urbanized” place by Invader is Ravenna, a town highly connected to mosaic: his first appearance dates in 2014 while the second one in September 2015, with 15 installations. This last attendance has been a real homage to mosaic tradition in one of the most representative spot, a town litteraly covered on mosaic works, not only from Bizantine period but also contemporary, enlightened by golden squares and marked by strong iconic symbols. On a wall next to San Vitale church, emperors Giustiniano and Teodora faces appear one day and then disappear after few days (removed by inhabitants?), leaving just some traces and a scraped wall.

Invader, The Strange Encounter, Ravenna, via Rasponi, 2015
Invader, The Strange Encounter, Ravenna, via Rasponi, 2015

What is still resisting are watering doves (The strange encounter), a real symbol of the city posted on hundreds of souvenirs, and his several “invaders” everywhere, on golden backgrounds in Byzantine style or with gaudy squares, in red, blue or green tones. One of his most funny and loved works was commissioned by cultural association Marte at the local planetarium in 2014 and it represents Spock and an alien spaceship, characters of a sci-fi and nerd imaginary, loved so much by the artist. In the end Invader push on to the sea, where he realized a mermaid on the dock of Marina di Ravenna, between boats and fishermen, a bit in Copenaghen style.

Invader, The Hidden Tower, Ravenna, piazza Duomo
Invader, The Hidden Tower, Ravenna, piazza Duomo

Arte per tutti: la street art a Parigi

«Per la strada si può fare arte per le persone del nostro tempo, per i passanti così come per i senzatetto» – Jérôme Mesnager

Se pensiamo alle origini della street art, ci vengono subito in mente i graffiti sulla metropolitana e i muri di New York, che negli anni settanta hanno aperto la strada (e gli occhi) a milioni di giovani in tutto il mondo, desiderosi di libertà e di affermare se stessi in un modo nuovo e fuori dagli schemi. In Europa invece per rintracciare le radici di un genere che ha stravolto le regole dell’arte e che si sta affermando sempre di più come il vero volto della contemporaneità, bisogna andare a Parigi, una città in grande fermento tra gli anni settanta e ottanta, complici gli strascichi del ’68 e la rivoluzione socio-culturale che ne è conseguita, i cambiamenti imposti dal governo francese, non ultimi gli stravolgimenti architettonici, tra nuove costruzioni di archistar e sviluppo urbanistico. E proprio in questo clima hanno iniziato ad esprimersi i primi artisti di strada francesi, che presero letteralmente d’assalto le vie e gli edifici parigini, cercando di vivacizzare le centinaia di palizzate dei cantieri e i palazzi in demolizione, nei quartieri più centrali, come il Beaubourg e il primo arrondissement, tra i lavori del Centre Pompidou e quelli della faraonica piramide di Ming Pei al Louvre, e nella banlieue popolare, a Ménilmontant e a Stalingrad ad esempio. Una volontà di riappropriarsi dello spazio urbano, squarciato dai lavori edilizi e dal degrado, in primo luogo, ma anche di combattere quella cultura borghese perbenista che ai giovani andava stretta, nonostante la maggior parte dei graffitari ne facesse parte a tutti gli effetti. Così, in mezzo a semplici scritte e tag, graffiti e disegni anonimi, appaiono alcune vere opere d’arte, che attirano subito l’attenzione dei passanti ma anche di gallerie e critici, incuriositi da questi sconosciuti dalla grande forza espressiva, liberi di esprimersi senza vincoli, capaci di realizzare lavori complessi e accurati in pochi minuti.

Bonom, Parigi, Marais
Bonom, Parigi, Marais

Ma negli anni novanta le cose cambiano radicalmente e parte una vera e propria repressione nei confronti della street art: muri, treni e spazi pubblicitari vengono ripuliti, gli artisti sono arrestati e multati e anche i cittadini si scoprono meno benevoli nei confronti di una pittura che ha ricoperto ogni centimetro della loro storica e romantica città. Tempo un decennio e la situazione si ribalta nuovamente, soprattutto grazie alle gallerie d’arte (prime tra tutte la stilista agnès b. e Willem Speerstra), che impongono gli street artist ai massimi livelli del mercato dell’arte. Ci pensano poi i grandi musei e i municipi dei diversi arrondissement parigini a dar loro il meritato riconoscimento sociale; nel 2009 il Grand Palais organizza l’esposizione T.A.G., che ottiene un successo inimmaginabile, mentre i Comuni commissionano decine di opere, finalmente legali. Tra queste ultime va almeno citato uno dei pionieri francesi, Jef Aérosol (in francese “aérosol” è la vernice spray), che ha realizzato un affresco in place Stravinsky, tra la fontana folle di Jean Tinguely e Niki de Saint Phalle, la chiesa gotica di saint-Mérri e il Pompidou (Chuttt!!!, 2011).

Jef Aérosol, Chuttt!!!, 2011, Parigi, place Stravinsky
Jef Aérosol, Chuttt!!!, 2011, Parigi, place Stravinsky

L’elenco degli artisti all’opera per le strade di Parigi è pressoché infinito e ogni giorno si aggiungono persone nuove sulla scena, ma vale la pena ricordare due “maestri” indiscussi della Ville Lumière, con uno stile talmente originale e riconoscibile che è impossibile dimenticarli, pittorico e capace di portarci lontano dalla freddezza metropolitana. Loro sono Jérôme Mesnager e Mosko, i quali hanno spesso lavorato fianco a fianco; il primo è l’autore degli “omini bianchi”, una sorta di manichini snodati che si arrampicano sui muri per portare libertà e pace, mentre il secondo è riuscito a popolare la regione parigina di animali della savana, semplici, colorati, adatti a tutti.

Mosko e Jérôme Mesnager, BHV Hotel de Ville Parigi
Mosko e Jérôme Mesnager, BHV Hotel de Ville Parigi

Tra gli ultimi “nati” troviamo invece l’irriverente Ride in Peace, che si diverte a recuperare rottami di biciclette e ad attaccarli sui muri, come segno d’amore per questo mezzo di trasporto, spesso maltrattato nelle metropoli. Il suo punto di forza è l’ironia ma anche la capacità di creare vere installazioni che affiorano dalle pareti degli edifici.

Ride in Peace, Parigi, Marais
Ride in Peace, Parigi, Marais

Il segreto è quindi perdersi tra le strade della capitale francese, alzando gli occhi al cielo, magari verso palazzi in apparenza bruttini e senza carattere, che possono regalare davvero opere d’arte inaspettate.

ENGLISH TEXT
Art for everyone: street art in Paris.
«On the road, we can make art for people of our time, for the passers-by as well as the homeless» – Jérôme Mesnager
If we think about the origins of street art, we remind the graffitis on the underground and the walls of New York; thank to them in the seventies millions of young people all over the world become aware of their freedom and longing for asserting themselves in a new way outside the box.
In Europe to find out the roots of a genre which upset art rules and which is making itself known as the real face of the contemporary society, it is necessary to go to Paris, a town in a ferment between seventies and eighties, because of the aftermath of 1968 and its socio-cultural revolution, of the changes imposed by French government, not least the architectural twistings, among new constructions made by archistars and urbanistic development. In this atmosphere the first street artists began to express themselves on Paris roads, trying to enliven the hundreds of yards’ fences and buildings under demolition, in the central quarters, as Beaubourg and the first arrondissement, between Pompidou works and the pharaonic pyramid by Ming Pei at Louvre, as well as in the social suburbs, like in Ménilmontant and Stalingrad. A will of taking possession of urban space, torn by building activities and decay, first of all, but also of fighting against the bourgeois culture that young people didn’t bear, although most of them belonged to the middle class. Then, among simple writings and tags, anonymous drawings and graffitis, some true works of art appear, attracting passers-by, galeries and critics, curious by these strangers with a great expressive strenght, free to voice bondless and able to realize complex and precise works in few minutes.

Invader, Parigi, Marais
Invader, Parigi, Marais

But in the nineties things change radically and a real repression starts towards street art: walls, trains and advertising spaces are cleaned, artists are arrested and tagged by police and even the citizens become less benevolent about a painting that had covered every inch of their romantic and historical town. After a decade the situation changes again, especially thank to art galleries (first of all fashion designer agnès b. and Willem Speerstra ones) who impose street artists to the highest level of art market. Then great museums and different arrondissements municipalities in Paris give them a social recognition; in 2009 Grand Palais organizes T.A.G. exhibition, that gains a huge success, while town halls commission works over and over, at last legal. Among these, there is one of the French pioneer, Jef Aérosol (in French “aérosol” is spray paint) who realized a fresco in place Stravinsky, between the crazy fountain by Jean Tinguely and Niki de Saint Phalle, Saint-Mérri gothic church and the Pompidou Center (Chuttt!!!, 2011).
The list of the artists at work among Paris streets is almost endless and every day brand new people appear on the scene, but it is worth to remember at least two indiscussed “masters” of Ville Lumière, marked by a so original and recognizable style that it is impossible to forget them, a pictorial style able to bring us away from the metropolitan coolness. They are Jérôme Mesnager and Mosko, who have often worked side by side; the first one is the author of “white men”, a sort of jointed dummies climbing the walls to bring freedom and peace, whilst the second was able to populate Paris region with savannah animals, which are plain, coloured, suitable for everyone. Among the new-born, there is the irriverent Ride in Peace, who likes recovering bicycles’ wreck and hanging them up the walls, as a mark of love for this mean of transport, frequently abused in big cities. His strong point is irony but also the skill of creating real installations emerging from the buildings’ walls.
The secret is getting lost among the streets of French capital, lifting the eyes towards appearently ugly and spineless buildings, which can show authentic and unexpected artworks.

La Parigi eterna di Magnum Photo

«Magnum Photo è una qualità umana condivisa, una curiosità e un rispetto per quello che succede nel mondo» – Henri Cartier-Bresson

“Parigi vista con gli occhi di alcuni dei più grandi fotografi al mondo” potrebbe essere il sottotitolo ideale alla mostra che si è svolta nel centralissimo Hôtel de Ville, a due passi dalla cattedrale di Notre-Dame e alle porte del Marais, quartiere artistico e giovane per eccellenza. Ma la città vista da questi fotografi spesso non ha niente a che fare con le immagini da cartolina che siamo abituati a vedere sulle riviste e i libri, la televisione e i social network. La loro è una città fatta soprattutto di persone, reali e senza filtri, lontane dalle modelle e dai turisti di oggi, ma anche di oggetti, abbandonati per la strada, ridotti a brandelli, consunti, poveri. Del resto l’esperienza di Magnum Photo inizia negli anni trenta, senza ancora un’agenzia organizzata alle spalle; dei giovani americani nella capitale francese, spinti solo dalla curiosità e dalla sete di conoscere e vedere coi propri occhi una realtà e della gente così diversa da quella americana. Ma la Parigi di quegli anni è fatta di indigenza, miseria, sofferenza, fatica, almeno fino agli anni sessanta; c’è la guerra, poi la gioiosa liberazione, la difficoltà di far fronte alle immani distruzioni, gli scioperi degli operai, le manifestazioni.

Tutto questo viene raccontato da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson e David Seymour, gli storici fondatori dell’agenzia fotografica più famosa al mondo, ancora in attività dopo oltre 70 anni, con un occhio asciutto, senza giudizi né pregiudizi, dove l’atmosfera spesso è rarefatta, sospesa, fatta di nebbia e pioggia, invernale più che estiva. Lo si vede bene nell’immagine di Cartier-Bresson Pont Neuf e Square du Vert-Galant (1951), quasi un’incisione con quella brume che avvolge tutto, che suggerisce piuttosto che mostrare, ma che rappresenta uno degli scorci più famosi e immortali della città.

Henri Cartier Bresson, Pont Neuf et square du Vert-Galant, 1951
Henri Cartier Bresson, Pont Neuf et square du Vert-Galant, 1951

La Montmartre di Herbert List invece non ha niente della collina gioiosa e turistica di Amélie o della place du Tertre, ma è animata da gente qualunque, che cammina tra edifici fatiscenti e affiche pubblicitarie che invadono ogni superficie, così come il Canal de l’Ourcq (1957) di Inge Morath è ancora un quartiere operaio, estremamente disagiato e modesto, senza locali e ristoranti alla moda che si affacciano sul romantico canale, invasi da giovani parigini bohémien.

Herbert List, Montmartre, 1936
Herbert List, Montmartre, 1936

 

Inge Morath, Canal de l'Ourcq, 1957
Inge Morath, Canal de l’Ourcq, 1957

Spetta a Capa darci alcune delle fotografie più intense dell’immediato dopoguerra, con quegli immensi e improvvisati cortei di persone a camminare e incontrarsi nuovamente per le strade, tornate libere e sicure (Libération de Paris, 26 août 1944), e sua è una delle immagini simbolo dell’esposizione, che mostra il lato elegante e benestante della città, con le signore ben vestite e quell’allure imperscrutabile dietro gli occhiali scuri, gli uomini ipnotizzati dalle corse dei cavalli e forse preoccupati per le loro scommesse (Course à l’hippodrome de Longchamp, 1952). Questo è anche un esempio di una delle incursioni di quegli anni nel campo della fotografia a colori, poco praticata però dall’agenzia fino agli anni novanta; qui tuttavia il colore aggiunge fascino invece che togliere atmosfera perché serve a sottolineare il carattere mondano del luogo e la sua distanza dalle scene di vita quotidiana fatte di miseria e lavoro duro.

Robert Capa, Libération de Paris 1944
Robert Capa, Libération de Paris 1944

 

Robert Capa, Course à l'hippodrome de Longchamp, 1952
Robert Capa, Course à l’hippodrome de Longchamp, 1952

C’è spazio anche per i ritratti di personalità celebri, che sono strettamente legate a Parigi, come il Picasso di Capa, la Simone de Beauvoir di Elliott Erwitt, così austera ed elegante, e il Brancusi di Wayne Miller (Brancusi dans son studio, 1946), quasi fosse una delle tante anime erranti dei quartieri popolari, col martello saldamente in mano, più da operaio metallurgico che da grande scultore, con lo sguardo semplice e penetrante, che solo i grandi geni hanno.

Elliott Erwitt, Simone de Beauvoir, 1952
Elliott Erwitt, Simone de Beauvoir, 1952

 

Wayne Miller, Brancusi dans son studio, 1946
Wayne Miller, Brancusi dans son studio, 1946

Dagli anni sessanta inizia una nuova fase per la Ville Lumière, dove coesistono le grandi masse di proletari indigenti e i filosofi e registi della Nouvelle Vague, la minigonna e le lotte rivoluzionarie del 1968, rese immortali dal cinema certamente ma anche dalle foto di Bruno Barbey (Nuit d’émeute au Quartier latin, maggio 1968), con barricate e guerriglia urbana come non si vedevano dai tempi della Commune.
Ma la vera rottura si ha forse solo negli anni novanta, un’epoca fatta di immagini mediatiche come mai prima d’ora: il boom della televisione e l’avvento di internet fanno vacillare lo statuto stesso della fotografia, meno immediata, statica, più ancestrale per certi versi, nonostante l’uso del digitale abbia aperto una gamma pressoché infinita di possibilità. Anche la stessa Parigi non è più quella di un tempo: grandi costruzioni iconiche tappezzano ora la città (le nuove Halles, il Centre Pompidou, la piramide di Ming Pei, i grattacieli della Défense), più agiata e meno indigente rispetto al passato, più scintillante e modaiola come durante la Belle Epoque, ma dove rimangono ancora tante frange di povertà e malessere sociale.
Tutto questo si ritrova nelle fotografie dei nuovi adepti dell’agenzia, ancora in attività dopo settant’anni.
Paris Magnum – Parigi, Hôtel de Ville, dal 12 dicembre 2014 al 25 aprile 2015

Cibo ad arte…ovvero come il cibo ha contaminato l’arte contemporanea

Io sono per l’arte delle pompe di benzina bianche e rosse, delle insegne luminose a intermittenza, per i biscotti…” – Claes Oldenburg.
Il cibo ha sempre avuto un posto e un ruolo nell’arte, in quella classica e in quella contemporanea, nelle scene religiose così come nelle nature morte, sullo sfondo oppure in primissimo piano, accessorio o al contrario protagonista. Nell’arte medievale e moderna le vivande apparivano per ciò che erano, anche se talvolta potevano avere dei significati nascosti, misteriosi o al contrario facilmente riconoscibili; il pane ad esempio rimandava all’eucaristia, la melagrana alla fedeltà coniugale, la mela morsicata alla caducità della vita… Il primo a stravolgere il senso e l’uso comune dei generi alimentari è stato senza dubbio Arcimboldo, che già nel Cinquecento si divertiva a realizzare curiosi ritratti con frutta e verdura, creando un divertissement unico per la corte asburgica.
Nell’arte contemporanea però il cibo ha iniziato ad assumere un ruolo diverso e a essere usato non più come tale, ma come qualcos’altro. Così il Busto di donna retrospettiva di Salvador Dalì (1933, New York, MoMA) ha come copricapo una baguette e come capelli delle pannocchie, mentre René Magritte sconvolge tutte le nostre certezze dicendoci che non sempre una mela disegnata è semplicemente una mela (Ceci n’est pas une pomme, 1964, collezione privata).

Salvador Dalì, Busto di donna retrospettiva, 1933, MoMA
Salvador Dalì, Busto di donna retrospettiva, 1933, MoMA

Tra tutti i movimenti artistici, la Pop Art è di certo quello che ha dedicato un posto di riguardo al cibo; non esiste artista pop che non abbia realizzato almeno un’opera il cui protagonista sia un alimento. Andy Warhol ha creato una serie di litografie (Milano, Fondazione Mazzotta) che hanno per soggetto alcuni dolci più o meno inventati, con fantasiose ricette per riprodurli, mentre Tom Wesselmann ha inserito un po’ ovunque nei suoi quadri prodotti di grandi marchi americani, veri status symbol della società americana anni sessanta (e non solo). E così in Still Life #30 (1963, New York, MoMA) fanno bella mostra di sé tutti gli alimenti che si possono trovare nella dispensa e nel frigorifero della famiglia perfetta della società consumistica (yogurt, frutta in scatola, cereali da colazione, pane da toast, pancakes…); alcuni oggetti sono dipinti, altri sono stati ritagliati dalla pubblicità e poi incollati sulla superficie pittorica, ma non fa differenza perché tutto è trattato nella stessa maniera, in modo piatto e artificioso, quasi banale, alla stregua di un advertising.

Tom Wesselmann, Still Life #30, 1963, MoMA
Tom Wesselmann, Still Life #30, 1963, MoMA

Il vero gastronomo della Pop Art rimane però Claes Oldenburg, con le sue sculture molli di vinile imbottito che riproducono cibi di largo consumo, come gelati, hamburger, patatine fritte e torte. Il suo cibo però non ha un aspetto gradevole e colorato, come le torte di Wayne Thiebaud ad esempio, ma mostra sempre un lato inquietante, che allontana qualsiasi desiderio di mangiarlo. È così in Floor Cake (1962, New York, MoMA), una gigantesca fetta di torta gettata sul pavimento, ma anche nel Dropped Cone di Colonia (2001), dove il cono gelato è conficcato nello spigolo di un palazzo, come se fosse appena caduto di mano ad un bambino mastodontico.

Claes Oldenburg, Floor Cake, 1962, MoMA
Claes Oldenburg, Floor Cake, 1962, MoMA
Wayne Thiebaud, Cakes, 1963, Washington, National Gallery of Art
Wayne Thiebaud, Cakes, 1963, Washington, National Gallery of Art

Nemmeno l’Arte Povera poteva tralasciare il cibo, nella sua continua ricerca di materiali fuori dalla tradizione, con cui creare opere d’arte inaspettate e ribaltare la presunzione di eternità che l’arte porta insita in sé sin dall’inizio. Cosa c’è di più deperibile di un caspo di insalata? Eppure Giovanni Anselmo (Senza titolo – Scultura che mangia, 1968, Parigi, Centre Pompidou) ha pensato bene di inserirla tra due blocchi di granito (un materiale al contrario solidissimo e pressoché eterno), costringendo tutta la scultura alla precarietà e alla costante sostituzione di una sua parte fondamentale. Nello stesso periodo Piero Gilardi iniziò a realizzare i suoi Tappeti Natura, composizioni in poliuretano espanso che riproducono porzioni di orto o sottobosco, dove crescono frutti e ortaggi solo in apparenza genuini e succulenti, ma che si rivelano poi essere di plastica e immangiabili. Un ecologista ante litteram insomma, così come lo era Nino Migliori, con le sue fotografie di frutta e verdura intrappolate nel cellophane.

Giovanni Anselmo, Senza titolo - Scultura che mangia, 1968, Parigi, Centre Pompidou
Giovanni Anselmo, Senza titolo – Scultura che mangia, 1968, Parigi, Centre Pompidou

Il belga Marcel Broodthaers invece ha usato il cibo, in particolare un piatto tipico nazionale, per ironizzare e prendere in giro il proprio paese; le cozze, vero simbolo del Belgio, emergono come una colonna compatta da una comunissima casseruola da cucina, in un accostamento dal sapore surrealista, così inaspettato eppure convincente (Casseruola con cozze, 1968, Londra, Tate Gallery).

Marcel Broodthaers, Casseruola di cozze, 1968, Londra, Tate Gallery
Marcel Broodthaers, Casseruola di cozze, 1968, Londra, Tate Gallery

Se i lavori di Will Cotton rimandano a un universo iper-zuccheroso, dai toni pastello e dalle atmosfere oniriche e fiabesche (Crown, 2012 con Katy Perry oppure lo Chalet di biscotti, 2003), diverso è il significato che i dolci, e in particolare le caramelle, hanno nelle installazioni di Felix Gonzalez Torres. Le caramelle e i bastoncini di liquirizia infatti evocano lo spettro della morte e del nulla che rimane dopo il loro consumo, ma sono anche una mera consolazione per coloro che rimangono (Untitled – Public Opinion, 1991, New York, Guggenheim Museum).

Will Cotton, Crown, 2012
Will Cotton, Crown, 2012
Felix Gonzalez Torres, Untitled (Public Opinion), 1991, New York, Guggenheim Museum
Felix Gonzalez Torres, Untitled (Public Opinion), 1991, New York, Guggenheim Museum

E adesso provate a guardare il cibo con gli stessi occhi di prima…

Il meglio di Parigi – Monumenti

Parigi è una città talmente vasta ed eterogenea che è impossibile individuarne soltanto un simbolo; quasi ogni quartiere accoglie al suo interno un monumento, un edificio, una chiesa, un palazzo che lo rende subito riconoscibile, anche da lontano. La maggior parte di questi sono conosciuti da tutti, anche da chi non è mai stato in Francia, ma alcuni sono meno noti e possono essere visitati senza la calca di turisti che contraddistingue molti luoghi della Ville Lumière, scoprendoli con calma e tranquillità.

  • Basilica di Saint-Denis.

Si tratta della prima chiesa gotica di Francia, dove sono stati sepolti tutti i re di Francia, compresi Luigi XVI e Maria Antonietta. La sua maestosità cattura da lontano e dà un aspetto solenne e grandioso a tutto il quartiere, fino a pochi anni fa proletario e periferico.

Come arrivare: Saint-Denis in realtà si trova subito fuori Parigi e fa parte di un altro dipartimento, ma è facilmente raggiungibile con la metro (M Saint-Denis-Basilique).
Consiglio: prendetevi il tempo di visitare tutto il quartiere, sviluppatosi attorno alla costruzione dello Stade de France per i Mondiali di calcio 1998.

Basilica di Saint-Denis_Paris
L’interno della Basilica di Saint-Denis.
  • Chateau de Vincennes.

Antica fortezza e prigione (fu rinchiuso qui anche il marchese De Sade), il Castello di Vincennes si erge ancora imponente e severo, mentre alle sue spalle si apre l’enorme Bois de Vincennes, gigantesco parco cittadino. Dopo un lungo restauro sono visitabili il donjon (mastio) e la cappella con le sue splendide vetrate, oltre che parte del cammino di ronda.

Come arrivare: il castello si trova alle porte di Parigi, nel quartiere omonimo, in avenue de Paris (M Château de Vincennes).
Consiglio: scegliete una giornata non troppo piovosa perché buona parte del circuito è all’aperto.

Chateau de Vincennes_Paris
Chateau de Vincennes.
  • Chiesa di Saint-Germain-des-Prés.

E’ l’abbazia benedettina e la chiesa più antica della città, anche se è stata distrutta quasi completamente durante la Rivoluzione francese. Nel piccolo e prezioso giardino del vecchio chiostro, è visibile un busto in bronzo di Picasso, dedicato al poeta Guillaume Apollinaire.

Come arrivare: la chiesa si trova in place Saint-Germain, al centro del quartiere omonimo (M Saint-Germain-des-Prés).
Consiglio: scegliete una giornata luminosa perché la chiesa è piuttosto buia all’interno e approfittatene per fare un giro di tutto il quartiere, molto chic e parigino.

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La chiesa di Saint-Germain-des-Prés.
  • Les Invalides.

Complesso monumentale voluto dal re Luigi XIV come ospedale per i veterani di guerra e dominato dalla sfavillante cupola dorata della chiesa, comprende diversi musei dedicati all’esercito e alle guerre intraprese dalla Francia. Il punto focale resta però la tomba di Napoleone, un enorme sarcofago di porfido rosso posto sotto la cupola.

Come arrivare: il complesso si trova nell’Esplanade des Invalides (M Varenne o M Latour Maubourg).
Consiglio: andate sul ponte Alexandre III per avere una veduta da cartolina davvero suggestiva.

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La cupola degli Invalides vista dal giardino del Musée Rodin.
  • Mémorial de la Dèportation.

Monumento alla memoria delle vittime della Shoah, costruito tra cielo e acqua (la Senna), a pochi passi da Notre-Dame, è un piccolo scrigno che invita a riflettere e a raccogliersi per un attimo, in assoluto silenzio.

Come arrivare: il Memoriale si trova in place de l’Ile de France (M Cité), sull’Ile de la Cité, a due passi da Notre-Dame.

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Il Mémorial de la Déportation.
  • Notre-Dame.

È la cattedrale di Parigi, immensa, imponente, regale e uno dei suoi simboli. Perfetto esempio di gotico francese, è caratterizzata da rosoni, vetrate, sculture, guglie, contrafforti e dalle celebri gargouilles (i mostri che spuntano in alto sui cornicioni).

Come arrivare: la chiesa si trova nell’Ile de la Cité, nel bel mezzo della Senna (M Cité).
Cosa non perdere: il giardino dietro l’abside, un vero gioiellino.

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Notre-Dame.
  • Petit Palais.

Posto di fronte al maestoso Grand Palais, il Petit Palais, a dispetto del nome, non è poi così piccolo e accoglie al suo interno una collezione molto eterogenea, che va dalle antichità greche e romane agli oggetti art nouveau, dai dipinti dell’Ottocento alle porcellane cinesi e giapponesi. È stato costruito in occasione dell’Esposizione Universale del 1900 e ospita anche mostre temporanee sulla moda (vedi la grande retrospettiva su Yves Saint Laurent nel 2010).

Come arrivare: il Petit Palais si trova in avenue Winston Churchill, a un’estremità del ponte Alexandre III (M Champs Elysées-Clemenceau).
Cosa non perdere: il giardino interno con tanto di gelateria bio.

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La facciata del Petit Palais in occasione della mostra su YSL.
  • Sacré-Coeur.

Riconosciuta dai parigini e dai turisti come uno dei simboli della città , questa chiesa sembra una gigantesca meringa bianca e soffice, e domina Parigi dalla collina di Montmartre. Per raggiungerla si fa una passeggiata in salita immersi nel verde…un po’ faticoso ma ne vale la pena.

Come arrivare: la basilica si trova in place du Parvis du Sacré-Coeur (M Anvers o Abbesses o Lamarck Caulaincourt).
Consiglio: non perdete la vicina chiesetta di Saint-Pierre-de-Montmartre (rue du Mont-Cenis), una delle più antiche di Parigi, suggestiva e silenziosa.

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Sacré-Coeur.
  • Tour Eiffel.

Forse il vero simbolo della città, amata e odiata da sempre, fu concepita per l’Esposizione Universale del 1889, che consacrò Parigi come capitale della cultura europea. Ogni sera si illumina fino a mezzanotte, regalando un’atmosfera magica e unica.

Come arrivare: la Torre si erge all’interno del giardino Champ de Mars, ma è impossibile non trovarla, dato che si vede praticamente da ogni punto della città (M Bir Hakeim o RER Champ de Mars).
Consiglio: i primi 2 piani sono da fare rigorosamente a piedi, ma se proprio non ce la fate c’è anche l’ascensore (più costoso e molto più affollato).

Tour Eiffel
La Tour Eiffel.
  • Versailles.

Se vi piace il lato lussuoso e sfarzoso di Parigi, allora fare una (lunga) deviazione per Versailles è d’obbligo. Qui vivevano i re di Francia, a partire dal Re Sole (Luigi XIV) che ne iniziò la costruzione, in una tenuta con una favolosa reggia, dei giardini smisurati e spettacolari, decine di fontane e giochi d’acqua, boschetti, orti.

Come arrivare: la cittadina di Versailles si trova a circa 20 chilometri da Parigi, ma è facilmente raggiungibile con la RER (un po’ treno e un po’ metro), fermata Versailles-Rive Gauche.
Consiglio: armatevi di pazienza perché le file possono essere anche molto lunghe. Se potete, l’ideale sarebbe prendersi 2 giorni perché meritano anche i trianon e l’hameau di Maria Antonietta, una vera oasi di pace in mezzo al verde.

Versailles
Il castello di Versailles.

 

 

Hommage à Yves Saint Laurent

Hommage à Yves Saint Laurent

Il meglio di Parigi – Luoghi insoliti

Oltre ai musei, ai monumenti e ai luoghi più famosi e conosciuti da tutti (vedi il Louvre, la Tour Eiffel, Montmartre, Notre-Dame…), Parigi è costellata da una miriade di posti bellissimi e interessanti, ma diversi dal solito o magari ignorati dalla maggior parte della gente, che meritano tuttavia una visita, anche se si è al primo viaggio nella capitale francese. Si va dal cimitero delle celebrità al museo delle ceramiche, dalla tessitura degli arazzi alle case di pittori e scrittori.

  • Catacombe.

Niente a che vedere con quelle romane affrescate nei primi anni del Cristianesimo; quelle parigine sono sorte in anni più recenti e hanno avuto il loro massimo (e triste) sviluppo durante la Rivoluzione francese, quando migliaia di persone sono state uccise e buttate in questo immenso ossario sepolto sotto la città. La visita può sembrare macabra e in effetti non è consigliata a tutti (è vietata ai bambini e a chi soffre di disturbi fisici), ma è molto suggestiva e camminare per qualche chilometro nelle viscere di Parigi è un’esperienza davvero unica.

Come arrivare: l’ingresso delle catacombe si trova in place Denfert-Rochereau (M Denfert-Rochereau), ma si esce quasi due chilometri più avanti, nel cuore del quartiere di Montparnasse.
Consiglio: armatevi di una torcia perché in molti punti l’oscurità è quasi totale.

Le catacombe di Parigi.
Le catacombe di Parigi.
  • Cimitero Le Père Lachaise.

In realtà questo è uno dei luoghi più famosi della città perché vi trovano sepoltura artisti importanti, come Jim Morrison, Oscar Wilde, Chopin, ma è di certo insolito visitare un cimitero monumentale nella capitale della moda. Esistono anche altri cimiteri di questo tipo (a Montmartre e a Montparnasse ad esempio), ma il Père Lachaise è il più grande e il più affollato di tombe di persone celebri e non, antiche e recenti, semplici o molto elaborate, in alcuni casi vere opere d’arte. Basta scegliere una bella giornata di sole e perdersi tra le mille stradine che attraversano l’area.

Come arrivare: ci sono diversi ingressi, ma i principali sono quello di Porte des Amandiers (M Père Lachaise), in boulevard de Ménilmontant, e quello di Porte Gambetta (M Gambetta), in avenue du Père Lachaise.
Consiglio: scaricatevi la mappa dal sito del comune o chiedetela all’ingresso perché altrimenti è impossibile trovare le tombe degli artisti (alcune sono un po’ nascoste) e perdersi nel dedalo di strade è facilissimo.

La tomba di Oscar Wilde al Père-Lachaise
La tomba di Oscar Wilde al Père-Lachaise
  • La Défense.

È uno dei quartieri più nuovi (è stato inaugurato nel 1989), anche se tecnicamente non appartiene al dipartimento di Parigi. La sua particolarità è quella di essere perfettamente in asse con l’Arc de Triomphe e place de la Concorde, quindi da un punto di vista un po’ elevato si può godere di un panorama fantastico. Nasce come quartiere finanziario ed economico, ma grazie alla presenza di numerose installazioni di artisti come César, Mirò, Calder, Mitoraj, e di grattacieli e palazzi dal design originale e colorato, merita davvero una visita approfondita. La costruzione più eclatante è La Grande Arche, un arco contemporaneo che riprende l’Arc de Triomphe (ma anche l’Arc du Carrousel del Louvre), ma molto più grande, tanto da poter contenere al suo interno persino la chiesa di Notre-Dame. Il quartiere ospita inoltre un centro commerciale gigantesco, con centinaia di negozi, e diversi giardini, quindi ce n’è davvero per tutti i gusti.

Come arrivare: con la metropolitana le alternative sono due, o scendere alla fermata Esplanade de La Défense e godersi tutte le installazioni e opere d’arte, camminando verso La Grande Arche, oppure al capolinea La Défense e fare il tragitto opposto.
Consiglio: scaricatevi la mappa del quartiere per non perdere nessuna installazione.

La Grande Arche e la fontana di Agam.
La Grande Arche e la fontana di Agam.
  • Espace Culturel Louis Vuitton.

Quasi nessuno conosce questo luogo dedicato all’arte contemporanea, che sorge proprio sopra il negozio sugli Champs-Elysées; in mostra artisti più o meno noti, ma ciò che davvero sorprende è la vista spettacolare sulla città. In più l’accesso è gratuito e può comprendere il catalogo dell’esposizione in atto: basta non farsi intimidire dal lusso del palazzo (e di certo personale).

Come arrivare: M George V.
Consiglio: per accedere ai piani alti si sale in un ascensore completamente buio (è un’installazione), quindi se avete paura dell’oscurità o soffrite di claustrofobia, meglio le scale.

Veduta di Parigi dalla terrazza dell'Espace Louis Vuitton. In lontananza il Sacré-Coeur.
Veduta di Parigi dalla terrazza dell’Espace Louis Vuitton. In lontananza il Sacré-Coeur.
  • Maison-Musée Balzac.

Qui visse lo scrittore della Commedia umana nel periodo nero della bancarotta; la casa è molto semplice e spartana, ma carica di fascino, anche grazie alla collezione di oggetti appartenuti a Balzac. In più siamo in un quartiere, quello di Passy, residenziale e assai poco turistico.

Come arrivare: la casa di Balzac si trova al 47 di rue Raynouard (M Passy).
Cosa non perdere: non dimenticate di dare un’occhiata alla piccola libreria, dove si possono trovare tutte le opere dello scrittore, oltre a cartoline e disegni.

La casa di Balzac e la Tour Eiffel alle sue spalle
La casa di Balzac e la Tour Eiffel alle sue spalle
  • Manufacture des Gobelins.

Forse non tutti sanno che Parigi vanta da sempre una delle migliori tessiture di arazzi al mondo. Dopo i fasti del passato, ancora oggi in questi laboratori si producono magnifici arazzi e tappeti con riproduzioni di opere d’arte famose o creazioni originali, che ornano ambasciate e uffici presidenziali. La visita guidata permette di scoprire tutti i segreti di questa particolare lavorazione e di vedere da vicino la realizzazione di un arazzo, oltre che di scoprire il patrimonio storico.

Come arrivare: il museo-laboratorio si trova in avenue des Gobelins (M Gobelins), vicino a Bercy.
Consiglio: le visite sono a numero chiuso, quindi è meglio arrivare un po’ prima dell’apertura per non correre il rischio di restare fuori.

La tessitura degli arazzi a Les Gobelins.
La tessitura degli arazzi a Les Gobelins.
  • La metropolitana.

O per dirla alla parigina “le métro”. Può sembrare strano decidere di visitare un mezzo di trasporto, ma alcune fermate della metropolitana sono dei piccoli gioielli. Qualche esempio? Franklin Roosevelt con il suo aspetto da Nautilus di Jules Verne, Louvre-Rivoli con i calchi delle opere conservate al Louvre, Varenne con le repliche di celebri bronzi di Rodin, Porte Dauphine e Abbesses con le loro entrate art nouveau. E poi la metro è indispensabile per muoversi a Parigi, quindi vi capiterà di sicuro di vedere decine di fermate artistiche o storiche.

Come arrivare: con la metro, ça va sans dire!
Consiglio: magari evitate le ore di punta per poter vedere bene e fotografare le opere d’arte e i pannelli.

Il pensatore in métro - Varenne
Il pensatore in métro – Varenne
  • Musèe de Sèvres.

La manifattura di Sèvres ha realizzato per svariati secoli ceramiche di altissima qualità e bellezza, e il museo che raccoglie alcuni dei migliori esempi si trova alle porte della città, come immerso in un bosco. Si parte da vasi di dimensioni smisurate a pezzi di epoca napoleonica, per arrivare a servizi da tè preziosi ed eleganti e raffinati centrotavola.

Come arrivare: si scende alla fermata Pont de Sèvres e si prosegue a piedi per qualche decina di minuti, attraversando l’ansa della Senna. Il museo rimane in place de la Manufacture.
Consiglio: fermatevi sul ponte e godetevi il panorama mozzafiato.

Il Museo di Sèvres e la Senna.
Il Museo di Sèvres e la Senna.
  • Musée Gustave Moreau.

Il maestro simbolista decise ancora in vita di rendere la sua casa-atelier un museo per mostrare alcuni dei suoi capolavori, nonché tutti i suoi disegni e dipinti, visibili negli armadi a cassettoni. Una vera perla art nouveau è la doppia scala a chiocciola, ma l’intera casa è uno scrigno simbolista-liberty.

Come arrivare: il museo si trova al 14 di rue de la Rochefoucauld, ai piedi di Montmartre (M Trinité).
Consiglio: la domenica si entra a tariffa ridotta.

L'apparizione di Gustave Moreau.
L’apparizione di Gustave Moreau.
  • Passages.

Se avete un debole per quell’aspetto fin de siècle decadente ma très chic, tipico di Parigi, il tour dei passages è quello che fa per voi. Si parte dal Palais Royal per arrivare al boulevard Montmartre (dove c’è il Musée Grevin delle statue di cera) e ci si immerge in questi antesignani dei moderni centri commerciali, tra antiquariato, libri usati, cappelli e bastoni da passeggio, pavimenti in mosaico e lampade art nouveau.

Come arrivare: si può partire dal Palais Royal (M Palais Royal) e seguire lo snodo dalla Galerie Vero Dodat fino all’ultimo passaggio coperto, oppure fare l’esatto contrario e iniziare dal passage Jouffroy in boulevard Montmartre (M Richelieu-Drouot) e scendere quasi fino al Louvre.
Consiglio: è l’itinerario ideale in una giornata piovosa e si possono trovare negozi ben forniti di libri di ogni genere, anche super scontati, ma molti sono chiusi per ferie in agosto.

Passage Jouffroy
Passage Jouffroy

 

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Il meglio di Parigi – Shopping

Parigi è conosciuta in tutto il mondo come capitale della moda ed è sicuramente una delle culle dello shopping in Europa, con migliaia di negozi di ogni genere sparsi per tutta la città; si va dall’abbigliamento ai profumi, dalla pasticceria ai libri, dall’antiquariato al vintage, dai grandi stilisti ai giovani designer. Ecco un brevissimo elenco di alcuni templi dello shopping davvero da non perdere, anche solo per sognare un po’.  Se poi avete in programma un viaggio nella Ville Lumière durante le feste natalizie, un giro per negozi è davvero obbligatorio.

  • Boulevard Haussmann.

In questo enorme viale, progettato dal barone Haussmann nell’Ottocento, a poca distanza l’uno dall’altro, si trovano i due grandi magazzini più famosi di Parigi. Le Galeries Lafayette e Le Printemps ospitano centinaia di brand al loro interno, dai più costosi e chic ai marchi low cost, dall’abbigliamento agli accessori, dalla profumeria all’oggettistica per la casa, dai bambini alla merceria, e poi bar, ristoranti…E se i prezzi sono troppo alti, potete sempre consolarvi con le magnifiche cupole Liberty , veri capolavori.
Come arrivare: i due grandi magazzini sono sullo stesso lato del boulevard Haussmann, ai numeri 40 e 64 (M Chaussée-d’Antin o M Havre-Caumartin).
Consiglio: durante il periodo natalizio le vetrine sono spettacolari e all’interno sono allestiti due giganteschi alberi carichi di addobbi.

Le Galeries Lafayette.
Le Galeries Lafayette.
La cupola di Le Printemps.
La cupola di Le Printemps.
  • Bouquinistes.

Lungo i quai (le banchine) della Senna, che portano all’Ile de la Cité e a Notre-Dame, si trovano decine e decine di banchi con cartoline, stampe, riviste, libri, disegni, souvenir, nuovi e vintage, francesi e non, che hanno come tema principale Parigi, ma non solo. Questi commercianti, chiamati appunto bouquinistes, sono uno degli aspetti più caratteristici e tradizionali della Ville Lumière ed è impossibile non trovare qualcosa di proprio gusto nelle loro bancarelle, anche perché i prezzi sono piuttosto popolari.
Come arrivare: scendere alla fermata Saint-Michel e proseguire a piedi in direzione Notre-Dame.
Consiglio: prendetevi del tempo per spulciare ogni banco perché ne vale davvero la pena. Alcune bancarelle possono essere chiuse per la pausa pranzo, ma nei periodi di maggior flusso turistico, quasi tutte fanno orario continuato.

I bouquinistes e Notre Dame.
I bouquinistes e Notre Dame.
  • Champs-Elysées.

Questo enorme e lunghissimo viale alberato ospita centinaia di negozi, dai grandi marchi del lusso (sul lato sinistro, provenendo da place de la Concorde) alle catene low cost (sul lato destro), e poi bar, ristoranti, cinema, concessionarie di auto. Qualsiasi cosa vi venga in mente di comprare, qui lo troverete. E se lo shopping non vi interessa poi così tanto, rimane ugualmente una bellissima passeggiata da fare perché gli Champs-Elysées collegano place de la Concorde all’Arc de Triomphe, e nella prima parte c’è anche un bel giardino alberato dove rilassarsi e oziare un po’. I Campi Elisi inoltre sono considerati da sempre la strada principale di Parigi, dove avvengono le parate, i raduni e le manifestazioni più importanti.
Come arrivare: le fermate della metropolitana sono diverse (M Concorde, Champs-Elysées-Clemenceau, Franklin Roosevelt, George V, Charles-de-Gaulle-Etoile).
Consiglio: durante il periodo natalizio gli alberi del viale si ornano di tantissime luminarie e anche i negozi fanno a gara per avere le vetrine più fantasiose. Attenzione ai borseggiatori, numerosissimi in questa strada!

  • Colette.

Colette è uno di quei negozi di tendenza, dove magari non si comprerà niente (ed è facile visti i prezzi), ma che rimane una tappa irrinunciabile per lo shopping, vuoi perché è un luogo di design, con musica e colori accesi, vuoi perché è frequentato soprattutto da giovani stilosissimi. È un negozio piccolo, su tre piani, ma pieno zeppo di roba: vestiti di grandi designer, street style, accessori, oggetti curiosi, food, libri, dischi e c’è anche un bar con prodotti esclusivi.
Come arrivare: Colette si trova al 213 di rue Saint-Honoré, a due passi dalla super chic ed elegante place Vendôme (M Concorde).
Consiglio: visitate il sito internet per farvi un’idea di cosa trovare perché il negozio è piccolo e sempre molto affollato, o in alternativa potete sempre ordinare direttamente online e farvelo spedire a casa.

L'interno di Colette.
L’interno di Colette.
  • Ladurée.

Forse la pasticceria più nota della capitale, con succursali in tutto il mondo (anche in Italia), ultra chic e colorata di tinte pastello. La vera specialità sono i macarons, ormai famosi e diffusi anche da noi, di tutti i gusti e colori, ma ci sono tantissimi altri dolci classici o particolari.
Come arrivare: in città si trovano decine di negozi, compresi quelli a Versailles e all’aeroporto Charles de Gaulle, ma i più centrali sono quello sugli Champs-Elysées, al numero 75 (M George V), e quello in rue Royale (M Concorde o Madeleine).
Consiglio: i prezzi sono ovviamente alti, ma basta sapersi limitare per provare qualcosa di diverso e buonissimo senza svenarsi.

La pasticceria Ladurée.
La pasticceria Ladurée.
  • Marché aux Puces.

Parigi ha diversi mercatini delle pulci, ma il più grande è sicuramente quello di Porte de Saint-Ouen, con oltre 2mila espositori divisi in una quindicina di piccoli mercati a tema; si va dall’abbigliamento vintage all’antiquariato di pregio, dalla chincaglieria ai libri. I prezzi purtroppo tendono a essere un po’ alti, ma se si ha il tempo e la pazienza di spulciare e girare per tutte le stradine, si possono trovare pezzi interessanti a un costo accettabile e comunque quell’atmosfera vintage merita in ogni caso la visita.
Come arrivare: il mercatino di Saint-Ouen si trova in avenue de la Porte de Clignancourt, nel 18° arrondissement (M Porte de Clignancourt, poi a piedi per una decina di minuti). Il mercato è aperto solo il sabato, la domenica e il lunedì.
Consiglio: fate attenzione ai venditori di strada nel tragitto dalla fermata della metro al mercato perché propongono spesso merce rubata o contraffatta.

Il mercatino delle pulci di Saint-Ouen.
Il mercatino delle pulci di Saint-Ouen.
  • Merci.

Questo negozio-loft ha aperto pochi anni fa, ma nel giro di breve tempo è diventato uno degli indirizzi più di tendenza per gli amanti della moda e del vintage. All’interno vengono venduti infatti abbigliamento, accessori, oggetti per la casa vintage, spesso donati da celeb e stilisti, il cui ricavato va in parte in beneficenza.
Come arrivare: il negozio si trova al 111 di boulevard Beaumarchais (M Chemin Vert), in pieno Marais.
Consiglio: anche in questo caso i prezzi sono piuttosto alti, ma potete consolarvi pensando che parte degli incassi servono a finanziare progetti di solidarietà, oppure potete sempre leggere un libro al café al pianoterra.

111 boulevard Beaumarchais - Merci
111 boulevard Beaumarchais – Merci
  • Poilane.

Questa boulangerie in legno sforna delle autentiche delizie, tra baguette, pani di tutti i tipi, croissant, torte. E per una volta si può dar libero sfogo alle proprie voglie culinarie senza pensare troppo al portafogli.
Come arrivare: il forno ha diverse sedi, ma la più centrale si trova al numero 8 di rue du Cherche-Midi (M Saint-Sulpice).
Consiglio: per una pausa pranzo veramente gourmande e molto parigina, prendete una delle mille specialità prodotte in questo forno e andate a fare un picnic in uno degli innumerevoli giardini della città.

La vetrina di Poilane.
La vetrina di Poilane.
  • Saint-Germain-des-Prés.

Tutto il quartiere è un brulicare di negozi di giovani designer, che propongono abbigliamento e design originale e unico, ma anche gallerie d’arte. Qui si trovano inoltre i celebri Café de Flore e Les Deux Magots, dove si incontravano intellettuali come Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir.
Come arrivare: dalla fermata della metro Saint-Germain-des-Prés partono tutte le strade del quartiere.

Les Deux Magots a Saint-Germain-des-Prés.
Les Deux Magots a Saint-Germain-des-Prés.
  • Taschen.

È il negozio della casa editrice tedesca Taschen, una delle più importanti per quanto riguarda i libri d’arte, spettacolo, costume, cinema, moda, fotografia, design, architettura. Progettato dal guru del design francese Philippe Starck, tra i suoi scaffali di legno dal sapore antico potete trovare tutte le pubblicazioni, comprese quelle rare e firmate.
Come arrivare: la libreria si trova al 2 di rue de Buci (M Saint-Germain-des-Prés).

L'interno della libreria Taschen.
L’interno della libreria Taschen.